I Ching, la millenaria saggezza del Libro dei Mutamenti
Potrà sembrare strano a qualcuno che un'arte marziale come il Pa Kua Chang o il Tai Chi Chuan abbiano qualcosa a che fare con il Taoismo oppure che una ginnastica energetica come il Qi Gong faccia spesso riferimento ai testi classici della letteratura cinese, ma la armonia tra Corpo, Mente e Spirito che contraddistingue il mondo orientale mette insieme anche attività solo apparentemente distanti tra loro.
Nella pratica delle discipline interne comprese nel curriculum tecnico del vecchio stile Fu - come è facile immaginare - possiamo riscontrare una grande influenza della cultura e della filosofia orientale. Ne troviamo traccia nel nome delle tecniche, nei principi applicati e nel modo in cui questi vengono concretizzati nella pratica stessa.
Potrà sembrare strano a qualcuno che un'arte marziale come il Pa Kua Chang o il Tai Chi Chuan abbiano qualcosa a che fare con il Taoismo oppure che una ginnastica energetica come il Qi Gong faccia spesso riferimento ai testi classici della letteratura cinese, ma la armonia tra Corpo, Mente e Spirito che contraddistingue il mondo orientale mette insieme anche attività solo apparentemente distanti tra loro.
Tra i testi che potrà accadere di sentir citare dal M° Severino Maistrello, Direttore Tecnico della Wudang Fu Style Academy e successore del Gran Maestro To Yu c'è lo I Ching, uno dei libri più antichi del mondo, spesso purtroppo sottovalutato da chi non abbia una sufficiente conoscenza della cultura orientale.
Complice la ventata new age dei decenni scorsi infatti, molti testi cinesi e giapponesi sono stati banalizzati o fraintesi, anche a causa del loro linguaggio criptico e non sempre facile da interpretare anche da lettori orientali. In particolare I Ching sono stati frequentemente pubblicizzati come una sorta di oracolo esotico (ne esiste una versione anche sul primo Manuale delle Giovani Marmotte della Disney!) , mentre in realtà è il contenitore di una sapienza millenaria che ancora oggi non è stata del tutto rivelata.
Un testo millenario
Come molti altri testi antichi, lo I Ching trae origine dal risultato delle osservazioni della natura, dalla scoperta dei suoi cicli periodici e del rapporto tra causa ed effetto dei fenomeni che la caratterizzano: letargo e risveglio degli animali, alba e tramonto del sole, pioggia e siccità, fioritura di alberi e piante sono solo alcuni dei fenomeni che – analizzati con pazienza – portarono i sapienti orientali a definire le leggi che regolano il micro e il macrocosmo.
Come abbiamo detto, lo I Ching, che possiamo tradurre come “Libro dei Mutamenti” è uno dei testi più antichi del mondo, poiché il suo nucleo originario si fa risalire più di quattromila anni fa, ispirato dai miti della Cina preistorica. A differenza di altri metodi di divinazione, basati su eventi naturali come il volo degli uccelli o la osservazione astrologica, I Ching non si limita a predire gli eventi futuri, lasciando al postulante il compito di affrontarli; invece illustra il motivo dello stato presente e come questo potrà evolvere nel futuro, fornendo i suggerimenti su possibili azioni da intraprendere, decisione che – ovviamente – resta allo stesso postulante che rimane quindi padrone del proprio destino.
Nonostante la apparente semplicità della consultazione – che come vedremo può essere eseguita con il lancio di tre monete – e la rappresentazione schematica dei possibili risultati, lo I Ching è un’opera tutt’altro che semplice e lineare, anche a causa delle modifiche, integrazioni e stralci che sono stati effettuati nei secoli della sua storia.
Non è questa la sede per discutere sul meccanismo predittivo alla base del libro; nella visione tradizionale cinese a fornire la risposta richiesta sono entità spirituali opportunamente interrogate, per il famoso psicologo Carl Gustav Jung - che del I Ching fu attento ed appassionato studioso – le risposte del I Ching sono strutturate in maniera che ciascun richiedente vi possa trovare una risposta sensata anche sulla base di quanto viene evocato nel proprio inconscio.
Per quanto possa sembrare strano, questo libro vecchio di millenni, che in Cina aveva goduto di alterne fortune passando da una grande fama a un oblio secolare, era quasi sconosciuto in Occidente fino al 1882 quando venne pubblicata la prima traduzione inglese, poco chiara e priva di indicazioni per il suo utilizzo pratico. La notorietà arrivo con la monumentale opera di Richard Wilhelm, che ne fornì una traduzione in tedesco depurata (per quanto possibile) da errori e fraintendimenti. Questa opera, che è ancora oggi uno dei testi di riferimento per lo studio del Libro dei Mutamenti, aveva una introduzione del già citato Jung, che illustrava in maniera originale la visione psicoanalitica dell’opera.
Dal Ba Gua ai 64 esagrammi
Di fatto, l’I Ching nasce come una raccolta di segni che serviva come oracolo. Come è facile immaginare, l’oracolo più semplice è quello che risponde “si” o “no” ad una precisa richiesta; noi oggi lo possiamo fare lanciando una moneta e scegliendo “testa” o “croce”, nella Cina primitiva probabilmente furono usati due segni: una linea continua ed una spezzata.
Da questi due segni, combinati tra loro, si arrivò poi agli otto trigrammi che abbiamo nel Ba Gua e da una ulteriore combinazione di questi si definirono i sessantaquattro esagrammi - ciascuno composto da sei linee orizzontali intere o spezzate - alla base del I Ching.
Come per molti altri testi antichi, è impossibile indicare un unico autore del Libro dei Mutamenti, che deve ritenersi un’opera che nei secoli ha visto l’apporto di innumerevoli redattori; la tradizione indica però quattro personaggi tra i tanti che hanno formato l’I Ching come lo conosciamo: Fu Hsi, il re di Wen, il duca di Chou e Confucio.
Fu Hsi o Fuxi, mitico primo imperatore della Cina, fu colui che – secondo il mito – dopo aver a lungo studiato la natura ne descrisse i processi negli otto trigrammi del Ba Gua. Il re di Wen, vissuto intorno al 1150 a.C . redasse e organizzò la raccolta degli esagrammi e delle relative sentenze così come oggi le conosciamo, mentre il duca di Chou, figlio del re di Wen, continuò il lavoro del padre aggiungendo al commento dei sessantaquattro esagrammi l’analisi delle singole linee che li compongono.
Confucio invece studiò approfonditamente l’I Ching e probabilmente ne redassse un commento in tarda età; anche Lao Tze si interessò al libro e ne analizzo il suo contenuto dal punto di vista filosofico. Da allora l’I Ching godette sempre di grande notorietà e superò, con alterne fortune, i turbolenti accadimenti della storia cinese, riuscendo anche a scampare al rogo di tutti i libri ordinato dall’imperatore Shih Huang-ti ed alle manipolazioni effettuate nei periodi successivi.
Dopo essere diventato parte dei Cinque Classici nel II secolo a.C., l'I Ching fu oggetto di commenti accademici e la base per la pratica della divinazione per secoli in tutto l'Estremo Oriente, e alla fine assunse un ruolo influente nella comprensione occidentale del pensiero orientale.
L'I Ching utilizza un tipo di divinazione chiamata cleromanzia, che basa i suoi responsi su quanto viene determinato da mezzi che normalmente sarebbero considerati casuali, come per esempio l'estrazione a sorte di oggetti, simboli o frasi o – come in questo caso – il lancio di monete.
La combinazione ottenuta da sei lanci successivi di tre monete permette di ottenere un esagramma composto da sei linee che possono essere intere o spezzate. Ciascuna di queste linee, in base al modo in cui è stata determinata, può essere “fissa” o “mutevole” e quindi dall’esagramma originario se ne ottiene un altro che varierà rispetto al primo in maniera più o meno sensibile in base alle linee mutevoli presenti. Entrambi gli esagrammi vanno considerati ai fini della risposta al quesito posto: il senso della risposta del primo rappresenta la situazione attuale che tenderà a mutare in futuro nel senso espresso dal secondo.
Occorre dire che l'interpretazione delle sentenze che si trovano nell'I Ching è questione tutt’altro che definita e da secoli origina dibattiti e confronti tra studiosi e linguisti. Inoltre, molti commentatori hanno interpretato il libro in maniera simbolica, ispirati dai dettami del confucianesimo, dal taoismo o dal buddismo. Gli stessi esagrammi hanno spesso acquisito anche un significato cosmologico e si sono confrontati con i principi del mutamento ciclico dello yin/yang e Wu Xing.
Tranne qualche eccezione, il Libro dei Mutamenti raccoglie i sessantaquattro esagrammi (卦 guà), con il relativo nome che ne esprime la caratteristica principale, una breve frase descrittiva dello stato espresso e la spiegazione del significato di ciascuna delle sei righe che lo compongono. Il nome dell’esagramma, la frase che lo accompagna e la descrizione del significato delle righe sono utilizzate per determinare i risultati della divinazione.
I nomi degli esagrammi sono di solito parole che appaiono nelle rispettive descrizioni dei significati delle singole righe, ma in cinque casi (2, 9, 26, 61 e 63) appare un carattere non correlato con uno scopo poco chiaro. I nomi degli esagrammi potrebbero essere stati scelti arbitrariamente dalle istruzioni di riga, ma è anche possibile che le istruzioni di riga derivino dai nomi di esagramma. Le descrizioni dei significati delle singole righe, che costituiscono la maggior parte del libro, sono estremamente criptici, e alcune di queste contengono anche poesie o riferimenti a eventi storici.
Come detto, il metodo più comune per la consultazione si basa sul lancio di tre monete, anticamente si usava anche un metodo più complesso che comprendeva l’impiego di cinquanta steli di millefoglie, pianta considerata sacra dagli antichi cinesi, un altro metodo era poi quello delle sei tavolette. Il metodo delle tre monetine è evidentemente meno complicato degli altri due perché basta lanciare sei volte le tre monete e - a seconda dei risultati - tracciare le linee intere o spezzate, fisse o mutevoli definite dal risultato.