I diversi aspetti della pratica delle discipline interne

La domanda che spesso si fanno alcuni praticanti è: “quanto posso personalizzare la pratica? In quali modi posso variare la sua esecuzione senza snaturarla? E' opportuno ripeterla sempre uguale a sé stessa oppure è utile variare alcune modalità?”
Agli occhi di chi non abbia esperienza nella pratica delle discipline interne, queste possono apparire a tratti noiose e ripetitive oppure costellate di gesti ed esercizi dal fine poco comprensibile.

In realtà, come ci ricorda spesso il maestro Severino Maistrello, terza generazione del Vecchio Stile Fu e Direttore Tecnico della Wudang Fu Style Academy, i segreti di queste pratiche sanno ben custodirsi da soli, e si rivelano solo a chi abbia pazienza e costanza nel cercarli. In realtà non c'è nulla che rimanga nascosto a chi si dedichi ad una pratica attenta sotto la guida di un insegnante preparato, come in tutte le Vie, si giunge al traguardo solo percorrendole e poco o nulla ottiene chi per pigrizia rimanga fermo nella vana attesa di essere “illuminato” senza sforzo alcuno.

Uguale ma diverso


Chi invece si dispone alla pratica con le giuste premesse non mancherà di ottenere risultati, e quello che ad un occhio profano appare una serie di gesti strani e monotoni, svelerà invece una ricchezza di significati difficilmente spiegabili a parole. Al pari di una qualsiasi opera d'arte, anche la pratica di una forma di Tai Chi Chuan o di Ba Gua Zhang così come un set di esercizi di Qi Gong – pur essendo la stessa per tutti – a ciascuno apparirà diversa in base alle esperienze ed alle caratteristiche psicofisiche ed emotive di ciascuno.

Per ciascuno di noi, la pratica è “uguale ma diversa”, come spesso afferma il Maestro Maistrello, è un alfabeto con cui poi ognuno scrive la sua poesia o il suo racconto; c' sarà l'artista di talento, il volenteroso artigiano o l'amatore appassionato, ciascuno avrà i suoi pregi e le sue caratteristiche, ognuno esprimerà sé stesso e le sue peculiarità in un movimento codificato eppure assolutamente originale, unico ed irripetibile.

Ma non solo la pratica è diversa per ciascuno, è altrettanto vero che la stessa pratica, per lo stesso praticante, non sarà mai uguale a sé stessa. Cambia la pratica perché cambiamo noi, in una reciproca influenza di causa ed effetto. Tornati a casa da un viaggio siamo sempre noi, ma non siamo gli stessi di quando siamo partiti, perché il viaggio – per quanto breve – ci cambia, poco o tanto.

Cambiando noi, cambia la pratica. E' interessante filmarsi periodicamente mentre si esegue una forma o una sequenza di esercizi e rivedersi poi a distanza di qualche mese per constatare visivamente le differenze ed i progressi, in maniera da constatare come la pratica ci cambia e come noi cambiamo la pratica, pur rimanendo questa sempre uguale nei principi e nelle applicazioni.

A ciascuno il suo


Quanto detto sopra non è – ovviamente – un invito alla anarchia ed all'individualismo; sebbene un esperto di musica classica sappia riconoscere il direttore e l'orchestra che esegue una sinfonia di Mozart o una sonata di Vivaldi, è altrettanto vero che gli spartiti e le melodie sono sempre le stesse e non potrebbe essere altrimenti.

La domanda che spesso si fanno alcuni praticanti è quindi: “quanto posso personalizzare la pratica? In quali modi posso variare la sua esecuzione senza snaturarla? E' opportuno ripeterla sempre uguale a sé stessa oppure è utile variare alcune modalità?”

Naturalmente non c'è una risposta valida sempre e per tutti, ed il primo consiglio è quello di rivolgersi al proprio insegnante e confrontarsi con lui che – in base alla nostra esperienza – saprà certamente consigliarci come orientare la nostra pratica. Di seguito però analizziamo alcune indicazioni generali che possono aiutarci a fare una prima valutazione di massima.

Pratica, pratica, pratica

Come spesso ci ricorda il Maestro Maistrello, meglio praticare mezz'ora ogni giorno che tre ore una volta alla settimana; è il principio riassunto in una famosa frase del violinista Niccolò Paganini che affermò: “Se non mi esercito un giorno, me ne accorgo io. Se non mi esercito due giorni, se ne accorge il pubblico.” Questo è certamente un caso estremo, ma comunque illuminante; goccia dopo goccia si scava la pietra.

Naturalmente la pratica va programmata anche in base al tempo che abbiamo a disposizione; poco opportuno è eseguire i nostri esercizi in maniera frettolosa e distratta, con il pensiero alle incombenze che ci attendono; meglio ritagliarsi uno “spazio” nella giornata, adeguato ai nostri impegni ed in questo periodo di tempo eseguire in maniera attenta e “presente” la pratica che abbiamo deciso di eseguire.

Piuttosto che fare tante cose poche volte, è solitamente più opportuno concentrarsi su uno o due set di esercizi e ripeterli più volte. Naturalmente il numero di esercizi e di ripetizioni andrebbe stabilito in base al tempo che abbiamo a disposizione ma solitamente è consigliato di eseguire una sequenza o una forma almeno tre volte.

Sebbene si ripeta sempre la stessa forma codificata o la stessa sequenza di esercizi, è bene che a ciascuna ripetizione si attribuisca uno scopo specifico. Ad esempio, nella prima esecuzione possiamo concentrarci sul ritmo del respiro e su come questo sia più o meno sincrozizzato con i movimenti fisici, in maniera da stimolare e favorire la circolazione del sangue e della Energia vitale del Qi.

Nella seconda ripetizione possiamo invece focalizzarci sul rilassamento attivo, sulla ricerca di “song”, sulla piombatura tra osso sacro e vertebre cervicali, sull'abbassamento del baricentro e sulla apertura del Kua. Questo ci consentirà di percepire eventuali blocchi emotivi e tensioni muscolari, favorire lo scioglimento delle articolazioni e stimolare l'apparato scheletrico e muscolo-tendineo.

Nella terza ripetizione possiamo concentrarci sulla applicazione marziale o sugli effetti di benessere dell'esercizio o della forma che stiamo eseguendo, quali sono le premesse e gli obbiettivi del movimento specifico, sino a giungere – in base alla nostra abilità – a perseguire la produzione, canalizzazione ed emissione della energia del Fa Jing.

Tempo al tempo


Come è facile intuire, questo metodo di pratica delle discipline interne richiede (apparentemente!) più tempo di quello richiesto dall'apprendimento delle tecniche delle discipline esterne; non è questo il luogo ed il caso di alimentare la lunga diatriba tra “Nei Gong” e “Wài Gong” ma di fatto sono due metodi di pratica ed addestramento che hanno obbiettivi e percorsi diversi tra loro.

Nelle discipline interne la pratica attenta e costante permette di tesaurizzare esperienze e consapevolezza, che a volte originano piccoli o grandi momenti di “illuminazione” che, sebbene possano verificarsi in maniera apparentemente improvvisa, sono in effetti il risultato di una progressiva accumulazione, similmente ad una molla che libera istantaneamente la sua energia elastica accumulata con una compressione progressiva.

Purtroppo o per fortuna non esistono scorciatoie e oggi come in passato, per scoprire una piccola preziosa gemma preziosa occorre scavare tonnellate di terra per giorni e giorni, con una determinazione ed una perseveranza che sono causa ed effetto della pratica stessa.