Muoviti con tranquillità

Abbiamo molto semplificato questo principio di pratica, ma per comprenderlo appieno affidiamoci alla analisi degli ideogrammi, che ci suggeriscono una interessante interpretazione.

Il motto cinese: Dong Zhong Qiu Jing (oppure dòng zh?ng qiú jìng o tung chung chiu ching) viene scritto con questi quattro ideogrammi 动中求静 che hanno, tra i tanti, questi significati letterali: muoversi, centro, cercare, calma. Vediamo quindi che appaiono due concetti quasi antitetici tra loro, ovvero “movimento” e “calma”; l’atto di cercare qualcosa, il che indica una situazione in divenire e il concetto del centro, che tanta importanza ha nella pratica delle discipline interne (e non solo!).

Cercare la calma nel movimento

Una prima interpretazione è quella più diffusamente collegata alla pratica di queste discipline; quante volte abbiamo scritto è letto che il Tai Chi Chuan è una meditazione in movimento, quante volte abbiamo concentrato la attenzione sul nostro centro addominale durante una pratica di Qi Gong, quante volte la nostra attenzione era fissa sul centro della circonferenza che stavamo percorrendo durante la camminata in cerchio del Pa Kua Chang? Sono tutti momenti di pratica in cui – letteralmente – possiamo “toccare con mano” il significato profondo di questo principio, ma c’è di più: immaginiamo un cerchio che gira; il centro ci apparirà quasi fermo, mentre tutto ciò che è sulla circonferenza si muoverà vorticosamente. Lo possiamo constatare giocando con una trottola o osservando il terrificante avanzare di una tromba d’aria, ma anche più semplicemente un galleggiante catturato da un mulinello d’acqua. E’ il principio alla base del “potere tornado” nel Pa Kua Chang del vecchio stile Fu, che può essere usato in una traiettoria verticale, orizzontale o diagonale muovendo la forza in movimenti a spirale che si muovono in linee dalla più grande alla più piccola e viceversa, in maniera da esprimere l’energia in tutte le dimensioni.

Centrarsi per trovarsi

Alla stessa maniera, nel Tai Chi Chuan troviamo questo principio in maniera più o meno evidente in tecniche come “Respingere la scimmia” o “Tirare ruotando il busto” (solo per citare due esempi), in cui il centro fa da perno di un movimento che si sviluppa verso l’estremità. In una visione che mette insieme filosofia e meccanica, avremo un centro che fa da “motore immobile” ed una periferia che a questo centro è collegata in maniera indissolubile, pur conservando la massima libertà di azione. E’ quello che il M° Severino Maistrello, III^ generazione Old Fu Style, allievo diretto del Gran Maestro To Yu e Direttore Tecnico della Wudang Fu Style Academy fa notare quando evidenzia che tutti i movimenti partono dalle anche e che se nella nostra pratica non c’è movimento corretto della vita, stiamo solo muovendo l’aria. Approfondendo ancora il concetto, attraverso una pratica costante e consapevole, impareremo a “pensare il movimento ed a muovere il pensiero”, la storia ci racconta di Maestri e praticanti rinchiusi in anguste prigioni per lunghi anni, che pure svilupparono incredibili capacità di combattimento; pratiche apparentemente statiche come lo Zhan Zhuang o il Tom-ma sono la via imprescindibile per imparare a muoverci con rapidità ed efficacia, mantenendo sempre una corretta postura. Perché questo avvenga, dobbiamo necessariamente essere “centrati”, sia fisicamente che emotivamente; condizione provvisoria per definizione, perché solo ciò che è morto rimane fermo e stabile per sempre, mentre ogni essere vivente ha nel movimento, per quanto lento o impercettibile, l’espressione stessa della sua esistenza. Ecco quindi che nelle discipline interne si verifica un paradosso incredibile agli occhi dei non iniziati: più il praticante è esperto e meno si muove; più si cresce in consapevolezza e più il gesto diventa essenziale ma non povero, asciutto ma non scarno, efficace ma mai eccessivo; più facciamo nostri i principi della pratica e meno agiteremo in maniera scomposta gambe e braccia, assumendo invece una postura radicata e sciolta, potente ma rilassata, equilibrata nel nostro centro e fluida quando e come necessario.

Muovere la vita, vivere il movimento

A chi crede solo a ciò che vede non basteranno certo queste parole per comprendere come queste discipline lavorano sul praticante e si esprimono attraverso i suoi gesti lenti e misurati; chi ne ha consapevolezza invece sa bene che basta un piccolo gesto del domatore al centro della gabbia per far correre il cavallo lungo il cerchio del recinto. Muoversi in maniera lenta ci aiuta a respirare meglio, a far “affondare” l’aria del Tatien, a percepire il movimento dell’addome, a rilassare ciò che deve essere rilassato ed a tendere ciò che deve essere teso, ad essere – in poche e semplici parole – consapevoli del nostro essere nel “qui ed ora”, che è il modo migliore per essere vivi.