L'essenza dell'Arte

La Via è fatta di infiniti passi ma non possiamo vedere che quello su cui stiamo per poggiare il piede; i traguardi che ci attendono - se decidiamo di proseguire - ancora non riusciamo a vederli ma questo non significa che non esistano e che ci piaccia o meno, per il nostro successo tutti gli altri sono utili ma solo noi siamo indispensabili.
Discipline interne come il Tai Chi Chuan, il Pakua Chang o il Qi Gong, ma anche arti del benessere come la Moxa o lo On Zon Su hanno ciascuna dei principi chiari ed evidenti, eppure non di rado mostrano aspetti apparentemente paradossali e contraddittori.

Sarebbe facile attribuire la responsabilità di questo alle notevoli differenze in termini tra la cultura e le usanze sociali del periodo in qui queste arti sono nate ed i tempi che viviamo oggi, ed anche se certamente in questo vi è ben più di una verità, se ci fermassimo a questo avremmo visto solamente la proverbiale punta dell'iceberg.

In questo primo articolo dell'anno appena iniziato ci è sembrato utile ed opportuno proporre una riflessione su questo argomento, lasciando poi ovviamente a ciascuno il trarre le conclusioni che riterrà più opportune.

Pratica, pratica, pratica 

Chiedete ad un qualunque insegnante quali siano le tre cosa che assicurano il progresso del praticante e la risposta sarà quasi certamente: "Prima la pratica, poi la pratica e infine ancora la pratica". Il che è ovviamente banale; si impara a cucinare cucinando, si impara a scrivere scrivendo, si impara a pescare pescando. Certo è utile avere una formazione di base che ci fornisca i rudimenti dell'arte, ma è solo sperimentando direttamente e personalmente che si acquisiscono le abilità necessarie.

Come però ci insegna il principio dualistico dello Yin/Yang, ad ogni lato lucente ne corrisponde uno oscuro e la pratica da sola non è sufficiente, anzi! Nel Vangelo gnostico secondo Filippo (uno dei tanti non riconosciuti dalla chiesa cattolica), leggiamo un passo illuminante: "Girando attorno ad una mola,un asino fece cento miglia; quando lo sciolsero,capì di essere rimasto nello stesso posto. Certi uomini camminano molto, ma non arrivano mai da nessuna parte. Quando per loro giunge la sera non hanno visto né città, né villaggio, né natura, né creazione, né angelo. Miserabili, hanno sofferto invano."

Quanti praticanti sono come quell'asino? Quanti praticanti hanno speso ore, giorni, mesi e anni a ripetere un gesto sbagliato, ad eseguire una azione scorretta, a seguire una Via che non faceva altro che farli rimanere al punto di partenza? Tanti, troppi, temo molti di più di quelli che possiamo immaginare.

Il Maestro Severino Maistrello, Direttore Tecnico della Wudang Fu Style Academy e successore del Gran Maestro To Yu ammonisce spesso, ripetendo le parole dei suoi Maestri, che non esiste un Tai Chi Chuan buono o un Tai Chi Chuan cattivo, ma piuttosto esiste un Tai Chi Chuan che rispetta e segue i principi dell'Arte ed altro che può anche somigliare molto al Tai Chi Chuan ma che non lo è.
Semplice, così come uno zircone non è un diamante e il princisbecco non è oro, anche se si somigliano molto.

Ecco quindi che va ribadita la capitale importanza della pratica praticata, sono degni di ammirazione i tanti Maestri che hanno appreso l'Arte spiando di nascosto altri praticanti o impegnandosi in estenuanti pratiche solitarie perché impossibilitati a seguire una guida, ma allo stesso modo va ricordato che una eccezione non smentisce, ma semmai conferma, la regola.

Mettiamo un punto di sospensione e passiamo ad altro...

Punti di blocco

Abbiamo detto ciò che serve per progredire, ma se volessimo fare un elenco dei motivi del mancato progresso? Ciascuno di noi ne avrebbe una lista quasi infinita: non abbiamo tempo, ci mancano le indicazioni necessarie, i compagni non ci aiutano, il Maestro non mi segue abbastanza, non ho le attrezzature idonee, la pratica è troppo difficile e via elencando.

Anche in questo caso spendiamo una citazione a commento, che pare essere attribuita a Lao Tzu: "Un vincente trova sempre una strada, un perdente trova sempre una scusa”. Certo le difficoltà ci sono, e sono evidenti, ma è altrettanto evidente che le Arti che noi pratichiamo sono giunte a noi grazie ad insegnanti che le hanno apprese quando non c'era la Rete, non c'erano forum di discussione e social network, c'era YouTube, non c'erano i traduttori vocali (e a volte neppure i dizionari cartacei!) e bisognava andare fisicamente dall'altro capo del mondo, trovare un Maestro, farsi accettare come allievo ed eseguire per anni e senza discutere quanto lui diceva di fare.

E allora, se c'è chi ci è riuscito in quelle condizioni proibitive, possiamo noi in coscienza giustificare i nostri eventuali fallimenti dando la colpa ad altri che non siamo noi stessi?

A ciascuno il suo

L'Arte è perennemente mutevole, pur essendo sempre uguale a se stessa. Sembra un paradosso ma è la verità.

E allora che possiamo dire che le Arti che pratichiamo ci mostrano un doppio aspetto; da una parte si basano su Principi universali e perenni, validi sempre e in ogni luogo, indipendenteemente da chi li applica. Dall'altra parte ciascuno di noi eseguirà ogni gesto - anche il più semplice, anche il più banale - in maniera differente dal proprio compagno. E ciascuno di noi esegue oggi ogni gesto - anche il più semplice, anche il più banale - in maniera differente da come lo ha eseguito ieri e da come lo eseguirà domani.

E quindi il modo in cui ciascuno di noi esegue una tecnica, compie un movimento, applica un principio è ispirato dall'Arte, è guidato dai Maestri, è copiato dai compagni di pratica ma è - allo stesso tempo - una incontrovertibile espressione di ciò che siamo in quel momento.

Spazziamo il campo da giudizi morali, da preoccupazioni legate ad esami di grado e competizioni sportive; l'Arte ha ben altri obbiettivi che farci riempire le mensole di casa di coppe e trofei. Se ci fermassimo a giudicare chi è bravo e chi non lo è perderemmo una occasione utile per aumentare la nostra consapevolezza, mentre invece dobbiamo capire che il modo in cui i principi dell'Arte (di qualsiasi Arte!) vengono applicati e utilizzati da un individuo è effettivamente determinato dalla mentalità, dal carattere, dalle attitudini e dalle caratteristiche individuali, uniche ed irripetibili di quella persona.

Quando pratichiamo discipline interne come il Tai Chi Chuan, il Pakua Chang o il Qi Gong, quando applichiamo arti del benessere come la Moxa o lo On Zon Su esprimiamo noi stessi così come siamo, nella nostra essenza, senza che ci sia bisogno di troppe parole per spiegarlo. L'Arte ha pochi principi, ha a volte molte regole ma paradossalmente non ha assoluti.

Ecco quindi che ci appare chiaro il ruolo che hanno i Maestri e gli insegnanti, i loro doveri ed i loro limiti, ciò che possono fare per noi e ciò che solo noi possiamo fare per noi stessi. La pratica correttamente eseguita deve essere un processo organico, razionale e coeso. La sua potenziale funzionalità ed efficacia possono essere ottenute solo attraverso la selezione, la comprensione e il collegamento delle singole parti in modo logico e abile.

Quando il percorso è corretto, quando i tempi sono maturi, quando abbiamo davvero compreso ciò che abbiamo ricevuto e ciò che ci siamo conquistati allora il percorso diventa chiaro, i movimenti sono fluidi, i principi sono evidenti, le azioni sono conseguenziali e l'abilità cresce naturalmente.

Aggiungere e Togliere 

All'inizio del nostro percorso aggiungiamo nozioni su nozioni, vogliamo sapere sempre di più, vogliamo conoscere tutto il curriculum tecnico, vorremmo che il nostro Maestro ci svelasse i segreti più reconditi dell'Arte. Poi col tempo capiamo invece l'importanza del lasciar andare, della scelta, della selezione.

La pratica migliora attraverso una riduzione graduale, e la qualità cresce via via che la quantità diminuisce, perché è più opportuno fare meglio che fare di più. Sezionare, smantellare, scartare e poi rimettere insieme di nuovo ciò che sappiamo, senza accontentarci ma con la consapevolezza che abbiamo già tutti gli elementi che ci servono, dobbiamo solo capire come metterli insieme al meglio delle nostre capacità, avendo sempre una mente curiosa, il desiderio di metterci in gioco e la consapevolezza che potremo sempre migliorare, se solo lo vorremo.

La pratica può essere collettiva ma la illuminazione è individuale, la pratica è causa ed effetto di se stessa e fino a quando non lo capiremo da soli nessuno potrà davvero spiegarcelo. La Via è fatta di infiniti passi ma non possiamo vedere che quello su cui stiamo per poggiare il piede; i traguardi che ci attendono - se decidiamo di proseguire - ancora non riusciamo a vederli ma questo non significa che non esistano e che ci piaccia o meno, per il nostro successo tutti gli altri sono utili ma solo noi siamo indispensabili.